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Il lupo in Italia: situazione attuale e prospettive future

Aggiornamento: 22 gen 2021

Appena qualche giorno fa, sabato 16 gennaio, si è svolto il convegno “Il lupo in Italia: situazione attuale e prospettive future”, che potrete ancora visionare sul canale YouTube del Comune di Spoleto.

Ben nove gli interventi che si sono susseguiti nel pomeriggio, moderati da Andrea Sforzi del Museo di Storia Naturale della Maremma. L’evento è stato dedicato alla figura dello zoologo Bernardino Ragni, autore del saggio “Wildlife Economy. Nuovo Paleolitico”.

Ampio risalto è stato dato al monitoraggio nazionale del Lupo in Italia coordinato da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), su mandato del Ministero dell’Ambiente, che si concluderà a marzo 2021 e che vede per la prima volta un programma nazionale realizzato sulla base di campionamenti standardizzati.

Il monitoraggio ha lo scopo principale di ottenere una stima aggiornata della distribuzione della specie, ma anche di valutare il fenomeno dell’ibridazione e raccogliere dati su danni e prevenzione. Nei territori appenninici il campionamento attuato sarà sia estensivo (più di 400 celle da 10x10 km percorse attraverso transetti) che intensivo (99 celle da 30x30 km, con più transetti e analisi genetiche non invasive).

Per la prima volta ci sarà un coordinamento con i territori alpini, sia italiani che europei, tramite il progetto LIFE WolfAlps EU.

Il lupo in Italia: situazione attuale e prospettive future

Gli interventi sono partiti dal Parco Nazionale dell’Aspromonte, dove Antonio Siclari ha purtroppo precisato che solo gli allevatori che operano nel parco possono ricevere gli indennizzi ai danni sui capi allevati, per passare al Parco Nazionale della Majella e all’Umbria.

In Aspromonte dal 2013 al 2019 è stata rinvenuta la presenza di 3 branchi riproduttivi, circa 50 lupi, e in un unico branco di 7 ibridi. Uno studio sull’ecologia alimentare del lupo ha evidenziato come oltre il 90% della dieta sia composto da prede selvatiche.

Per la Majella Simone Angelucci ha rivelato la presenza di circa un centinaio di lupi, una decina di branchi e 13 mila capi di bestiame allevato.

Dalle analisi si è potuto stabilire che l’incidenza degli animali domestici nella dieta del lupo è sempre inferiore al 5%, dato in cui vengono compresi anche resti di animali già morti, prelevati presso discariche abusive o nelle immediate vicinanze dei ricoveri.

Il dato interessante, ottenuto grazie al radiocollaraggio, è che non solo ci sono allevamenti che non sono interessati da predazioni ad opera dei lupi ma addirittura ci sono aziende che non vengono mai visitate dai branchi. Come mai? Si tratta di allevatori virtuosi che nel corso del tempo hanno messo in atto le varie forme di difesa e prevenzione. L’intelligenza del lupo ha fatto il resto, facendo in modo che quelle zone venissero proprio ignorate!


Per l’Umbria Luca Convito ed il suo team, grazie ad analisi genetiche non invasive di fatte, peli, urina, saliva e tracce ematiche, in uno studio durato dal 2006 al 2014 hanno trovato 154 genotipi diversi (quindi 154 individui), di cui solo uno presente in tutti i 9 anni di indagine, e 12 branchi. Per avere un’idea del ricambio esistente in natura, circa il 95% dei genotipi è stato rinvenuto in almeno 3 anni di studio e ben il 76% solo per un anno rispetto ai nove di durata della ricerca.

Francesca Vercillo e Andrea Mandrici hanno portato l’esperienza di lavoro di Bernardino Ragni, dalla quale si evince come il cinghiale, dalla metà degli anni ’80 in poi, sia divenuto in Umbria la preda elettiva del lupo, con un calo significativo degli ungulati domestici.

Inoltre, grazie alla radiotelemetria satellitare applicata su due lupi curati e successivamente liberati, è stato possibile rilevare:

- una media di 4 km percorsi giornalmente da Cinicchia, con un massimo di 24 km in 24 ore;

-197 km percorsi in 45 giorni di monitoraggio per M1 (4,38 km in media al giorno).


Il lupo M1 salvato da Wild Umbria

M1 dotato di radiocollare e liberato in natura


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